Ansia: alleata o nemica?

Da un punto di vista etimologico, la parola “ansia” deriva dal latino “anxia”, derivato di “anxius”, ansioso, che a sua volta risale al verbo “angere”, ovvero stringere, soffocare. Da un punto di vista psicologico, il termine ansia definisce uno stato psicofisico caratterizzato da una sensazione di apprensione, di incertezza, di paura e di allarme con anticipazione di eventi negativi verso i quali il soggetto si sente indifeso e impotente.

Ma l’ansia è un fenomeno multidimensionale con componenti fisiologiche, comportamentali e cognitive:

A livello fisiologico (quello che sento): l’ansia comporta un aumento del battito cardiaco (o tachicardia), aumento della pressione arteriosa, aumento della tensione muscolare, aumento della frequenza respiratoria (o iperventilazione).

A livello comportamentale (quello che faccio): le risposte comportamentali più frequenti sono l’ attacco o fuga (evitamento); nel primo caso si affronta lo stimolo, o la situazione, che ci procura ansia (es. affronto la situazione che mi provoca ansia nonostante lo stato d’animo); nel secondo caso decido di rimandare il problema, scappando.

A livello cognitivo (quello che penso): i pensieri saranno concentrati sugli aspetti che percepiamo come maggiormente minacciosi; valuteremo in modo irrealistico la situazione, come più “pericolosa” rispetto alla realtà; penseremo alla situazione in modo catastrofico e contemporaneamente, svaluteremo noi stessi e le nostre capacità di far fronte al pericolo e alla situazione stessa (“Il colloquio andrà malissimo, farò una bruttissima figura! Sono un incapace!”).

Ma perché esiste l’ansia? Che valore ha per l’essere umano? A cosa serve? E’ positiva o negativa? L’ansia è un emozione e una reazione naturale dell’organismo, geneticamente determinata, che si produce quando siamo di fronte ad uno stimolo o ad una situazione che valutiamo come pericolosa per la nostra sopravvivenza. È quindi una reazione innata dell’organismo, universale e utile, che gli consente di prepararsi ad affrontare il pericolo (lo stimolo ansiogeno) attraverso o la risposta di attacco o la risposta di fuga, le due principali risposte che emettiamo quando ci troviamo in pericolo. E’ difficile oggi, nell’epoca dominata dall’ansia e stress, pensare all’ansia come a qualcosa di funzionale e addirittura utile alla vita. L’ansia, quindi, non è solo un limite o un disturbo, ma costituisce una importante risorsa, perchè è una condizione fisiologica, efficace in molti momenti della vita per proteggerci dai rischi, mantenere lo stato di allerta e migliorare le prestazioni. Questi tipi di ansia sono costruttivi, ovvero risultano funzionali alla nostra sopravvivenza. Fungono da intermediario tra il mondo esterno e il nostro mondo psichico interno, rendendoci capaci di far fronte ai problemi della vita e di adoperarci per migliorare.

Possiamo quindi distinguere l’ansia in: ansia funzionale e ansia disfunzionale.

La curva di Yerkes-Dodson mostra la relazione tra lo stato di attivazione psico-fisica (ansia) e la performance. Con l’aumento dell’ansia l’efficienza della prestazione aumenta proporzionalmente, ma soltanto fino a un livello ottimale oltre il quale invece l’efficienza prestazionale diminuisce, con ulteriore aumento dello stress e dell’ansia che ai livelli massimi può portare al panico e all’impossibilità di ogni prestazione.

Quando l’attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata e sproporzionata rispetto alle situazioni, l’ansia diventa disadattiva e causa sofferenza e disfunzionalità perchè può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni. La sovrastima del pericolo o la sottostima delle capacità di far fronte, contribuiscono ad accrescere i sintomi d’ansia che, a loro volta, diventano fonte di minaccia per l’individuo che li sperimenta.

L’ansia si definisce disfunzionale quando ha un impatto negativo sull’adattamento e sul comportamento delle persone, cioè quando essa è eccessiva, come frequenza con cui si verifica, intensità con cui si manifesta e durata nel tempo. Ed è proprio quando da funzionale si trasforma in disfunzionale, da amica diventa nemica, che l’ansia diventa capace di provocare dolore e sofferenza nella vita delle persone che ne soffrono, arrivando ad ostacolare i loro progetti di vita e a modificare la loro esistenza e trasformandosi in veri e propri disturbi.

L’ansia viene definita dal DMS (APA, 1994) come “Anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuro”. Secondo questa definizione quindi l’ansia è quello che succede alla nostra persona quando ci aspettiamo che accada qualcosa di potenzialmente negativo. Il nostro organismo si prepara a tale evento.

I disturbi d’ansia sembrano essere i principali motivi di consultazione specialistica nell’ambito dei problemi psicologici e la persona che ne soffre richiede aiuto psicologico quando ha fallito nei propri tentativi di gestione del sintomo.

Le principali categorie nei  disturbi d’ansia sono:

  •  fobie (fobie specifiche e fobia sociale)
  • agorafobia
  • disturbo di panico (con e senza agorafobia) e attacchi di panico
  • disturbo d’ansia generalizzato,
  • disturbo ossessivo-compulsivo,
  • disturbo post-traumatico da stress e disturbo acuto da stress.

Dott.ssa Chia Porta-Studio di Psicologia Clinica e Psicoterapia per il Bambino, l’Adolescente e l’Adulto – RHO